sabato 27 novembre 2010

Quale sarà il prossimo libro-film?

Copertina del singolo
In attesa del futuro libro-film, pubblico un video che dovrebbe far intuire di quale capolavoro parlerò nel prossimo post. Proseguo sulla strada dell'intreccio (non volevo usare la parola "contaminazione"...) tra libri, pellicole e musica. Oggi tocca a Karmacoma, brano dei Massive Attack + Tricky, collettivo inglese di trip-hop.

Realizzato nel 1995 da Jonathan Glazer (andate su Wikipedia per scoprire per quali altri grandi artisti ha girato video musicali...http://en.wikipedia.org/wiki/Jonathan_Glazer) il video è senza dubbio uno di quelli che si ricordano. Perfettamente adatto alla musica ipnotica dei Massive, a ogni passaggio si scopre qualche dettaglio e qualche riferimento cinematografico-letterario in più...

Buon ascolto e buona visione... (attendo commenti)

martedì 23 novembre 2010

...Bella di Giorno e i Garbage?!

Piccola deviazione dal tema del blog. Dunque, non solamente libri e film ma anche musica (quando quest'ultima è in grado di collegare i primi due...).
Nello specifico, pubblico l'esplicito richiamo a Bella di Giorno che i Garbage fanno attraverso il loro video Tell Me Where It Hurts. Un ottimo prodotto da vedere e ascoltare: raffinata citazione, bella canzone e solito fascino di Shirley Manson, cantante scozzese ormai trapiantata negli Stati Uniti.

Non è un caso che la realizzazione sia opera di Sophie Muller, superesperta regista di numerosissimi video.

sabato 20 novembre 2010

Bella di Giorno

Titolo: Bella di Giorno
Titolo originale: Belle de Jour
Autore: Joseph Kessel
Anno: 1928

Il libro…


La Deneuve nei panni di Bella di Giorno - scena dal film
Séverine Serizy è una giovane ed elegante signora della medio-alta borghesia parigina. Sposata con un promettente chirurgo, conduce una vita agiata, vive in una bella casa e non ha preoccupazioni economiche. Tuttavia, non è felice. Forse a causa di un tentativo di violenza subita quando era piccola (ma di cui non conserva alcun ricordo cosciente), Séverine ha una vita sessuale problematica, in costante oscillamento tra frigidità e desideri al limite della perversione. Un giorno, durante una conversazione con l’amica Renée e il viscido seduttore Husson – un conoscente di suo marito – scopre che una donna insospettabile, appartenente al loro stesso ambiente rispettabile e borghese, aveva deciso di fare la prostituta in una casa d’appuntamenti in rue Virène. La notizia la turba e la intriga al tempo stesso.
Come attirata da una forza irresistibile, Séverine si reca in rue Virène. Dopo un primo momento di naturale imbarazzo e dopo qualche indecisione, la giovane donna prende un impegno con la tenutaria, tale madame Anaïs: incontrerà i clienti ogni pomeriggio, intrattenendosi con loro dalle 14 alle 17, ma non un minuto di più. Visti i suoi orari, la sua nuova e inconsueta datrice di lavoro le affibbia il nomignolo – indispensabile in quell’ambiente – di “Bella di Giorno”.
Pomeriggio dopo pomeriggio prende forma la doppia vita di Sèverine.
Nel bordello di madame Anaïs c’è anche il tempo per scoprire cos’è la vera passione, quella che non aveva mai provato con il marito, così precisino ed educato. A darle questa gioia ci pensa il giovane Marcel, un tipo losco e dai denti d’oro che frequenta le ragazze di rue Virène insieme all’amico Hippolyte, quando il vento gira dalla parte giusta e qualche soldo arriva in tasca. 
L’azzardo di vivere due esistenze parallele regge per un po’ di tempo, ma è chiaro fin da subito che, prima o poi, qualcosa di dovrà succedere. Tutta l’attenzione che pone Séverine-Bella di Giorno per non farsi scoprire va in briciole quando a casa di madame Anaïs si presenta Husson, il conoscente di suo marito. I due mondi, che dovevano restare paralleli, sono venuti in contatto. La segretezza sulla sua doppia vita custodita con grande abilità fino ad allora si sgretola e Sèverine, presa dal panico, non si presenta più in rue Virène. Ma fuggire non è sufficiente per riportare la sua vita a prima di quel giorno in cui aveva deciso di varcare la soglia della casa di appuntamenti. Ormai il meccanismo è stato azionato e non è facile bloccarlo senza che ci siano delle gravi conseguenze per lei e per quelli che le stanno intorno (come d’abitudine però, non farò alcuna rivelazione…).

…dal libro al film…

Caso emblematico di come da un libro in sé non particolarmente interessante e coinvolgente possa nascere un film eccezionale. Potere di un immenso regista come Luis Buñuel e di una splendida attrice come Catherine Deneuve.
I freni inibitori che abbiamo sviluppato durante la crescita, le convenzioni che regolano la nostra società e l’educazione che abbiamo ricevuto lavorano per contenere e controllare l’abisso dei nostri desideri più reconditi, oscuri e inconfessabili.
Ai toni e ai temi artificiosi, tra il moralistico e il pruriginoso, del libro di Kessel, la pellicola di Buñuel oppone una freschissima ironia e uno sguardo mai banale sulla sessualità, i suoi meccanismi e sul ruolo che il sesso ha nella società borghese. Il regista spagnolo è abilissimo a passare dal sogno alla realtà, a rappresentare la doppia vita e, soprattutto, la doppia personalità della protagonista. Nel personaggio di Séverine si susseguono e si mescolano – con grande naturalezza – elementi diversi, contrastanti: insensibilità e assenza di passioni, fantasie erotiche spinte – e dall’effetto volutamente comico – e grande capacità di autocontrollo e dissimulazione.
Catherine Deneuve e Pierre Clementi - nel film
La Deneuve, poi, contribuisce a rendere il film un capolavoro. Non può esserci opposizione più stridente tra la sua bellezza raffinata e limpida – sottolineata ancor di più dall’eleganza degli abiti Chanel o Yves Saint Laurent – e la sordida esperienza vissuta nel bordello. Soprattutto se quest'ultima non solamente è stata cercata e voluta, ma anche fortemente sentita…
Incisiva anche l’interpretazione di Pierre Clementi, nei panni del giovane e violento Marcel. 
Alla fine del film si resta piacevolmente interdetti. Da rivedere e rivedere.

Dati film:

Titolo: Bella di giorno
Titolo originale: Belle de jour
Regista: Luis Buñuel
Sceneggiatura: Luis Buñuel, Jean-Claude Carrière (romanzo: Joseph Kessel)
Interpreti:
·         Catherine Deneuve (Séverine Serizy-Bella di Giorno)
·         Jean Sorel (Pierre Serizy)
·         Michel Piccoli (Henri Husson)
·         Pierre Clementi (Marcel)
·         Geneviève Page (Madame Anaïs)
Anno: 1967
Paese: Francia, Italia
Colore: Colore
Durata: 101 minuti
Genere: ?

sabato 13 novembre 2010

Il Diavolo veste Prada

Titolo: Il Diavolo veste Prada
Titolo originale: The Devil Wears Prada
Autore: Lauren Weisberger
Anno: 2003

Il libro…


Copertina dell'edizione americana

Da brava e fresca laureata, la prima aspirazione di Andrea Sachs è quella di diventare una scrittrice di successo o, in alternativa, di fare la giornalista, magari in prestigiose e impegnate riviste come “New Yorker”.
Tuttavia, il primo lavoro che capita fra le mani della ragazza è quello di assistente personale di Miranda Priestly, autorità assoluta in fatto di moda e direttrice della più importante rivista del mondo, Runway. Dai quartieri residenziali di Avon, Connecticut, alla babele di Manhattan, New York City: il salto non può essere più grande per la provinciale e ingenua Andrea. 
Ma l’impatto più shoccante non è quello con la Grande Mela, ma con la sua capo. Miranda non è esattamente quello che si può definire una persona “facile”. È tirannica, insopportabile e dispotica, oltre che volubile, capricciosa e testarda, una snob che tratta la gente con fare arrogante e altezzoso perché conscia del proprio immenso potere. Insomma, una vera rompiballe a cui si vorrebbe torcere il collo.
Andrea ha il compito di assisterla, di trovare le soluzioni ai suoi problemi quotidiani, di farle da galoppino e di soddisfare ogni suo desiderio, anche il più sciocco o il più irragionevole (la storia della bistecca è, a questo proposito, emblematica). Andrea soffre, stringe i denti, manda giù tanti rospi; lavora senza sosta 7 giorni su 7, con una disponibilità che praticamente non ha limiti di orario e che, dunque, rasenta le 24 h su 24. Tutto questo a fronte di uno stipendio da fame.  
La vita privata, neanche a dirlo, ne soffre. Il suo ragazzo, idealista e insegnante in quartieri disagiati della città, la trova cambiata. Stesso discorso vale per i suoi familiari e per l’amica di sempre, ricercatrice squattrinata che per pagarsi gli studi dottorali in letteratura russa sgobba come una serva: tutti sembrano non riconoscere l’Andrea di un tempo, quella precedente alla sua entrata a Runway. Il lavoro viene prima di tutto e Andrea è diversa da quella ruspante ma sincera provinciale che usava borse improponibili e indossava jeans e maglioni senza forma. 
Ora conosce lo scintillante e dissoluto mondo della moda, popolato da modelle anoressiche, omosessuali muscolosi, sessantenni più volte passate sotto i ferri del chirurgo estetico, edonisti spendaccioni e altri esemplari di quella particolarissima specie umana. Andrea ora sa vestirsi, è in grado di scegliersi gli accessori giusti e, soprattutto, ha libero accesso allo sterminato guardaroba firmato di Runway.
Non sappiamo se è veramente felice, però, intuiamo che comincia ad abituarsi a far parte di quel luccicoso circo. E tutto fila liscio finché un evento doloroso non le farà rimettere in discussione tutto. Dentro di sé, nascosta sotto le griffe dei più importanti stilisti e le feste più esclusive di Manhattan, cova ancora il sacro fuoco del giornalismo impegnato, della scrittura. Altro che paillette, scarpe tacco 12 o foulard di seta! Dunque, basta vita frenetica, basta Miranda e basta pagine patinate: Andrea ha studiato per fare qualcosa di “serio”. E l’opportunità – ma che caso! – non tarderà ad arrivare.

Benché la Weisberger l’abbia negato in tutti i modi e le forme possibili, la Miranda del romanzo assomiglia tantissimo ad Anne Wintour, direttrice di Vogue, rivista nella quale l’autrice ha svolto uno stage, proprio in qualità di assistente personale della Wintour.

…dal libro al film…

Pellicola davvero gradevole e ben fatta questa di David Frankel, regista americano specializzato in commedie e in serie TV tra cui – guarda un po’ – anche Sex and the City.

Meryl Streep-Miranda Priestly in una scena del film

Senza alcun dubbio, poi, il film è migliore del libro. L’ambientazione newyorkese è perfetta e la storia scorre fluida e ben ritmata, molto meglio che nel romanzo dove un linguaggio fin troppo semplice rischia di rendere banali episodi potenzialmente divertenti. Contribuiscono alla riuscita una grande Meryl Streep, qui agghindata – in maniera volutamente riconoscibile – da Crudelia Demon e una brava Anna Hathaway, ben calata nella parte della prima impacciata e poi sempre più disinvolta Andrea. Le loro interpretazioni danno spessore a personaggi che nel romanzo della Weisberger sono piatti come figurine Panini (in special modo quello di Miranda, nel libro troppo ripetitiva nella sua esagerata cattiveria).
La stessa protagonista risulta molto più simpatica nel film, dove non emergono né quel suo poco gradevole fondo di snobismo culturale (mostrato attraverso l’insistita contrapposizione tra le sue “serie” aspirazioni da scrittrice impegnata e le frivolezze delle rivista Runway) né un certo (trito) moralismo nei riguardi del mondo della moda.

Dati film:

Titolo: Il Diavolo veste Prada
Titolo originale: The Devil Wears Prada
Regista: David Frankel
Sceneggiatura: Aline Brosh McKenna (romanzo: Lauren Weisberger)
Interpreti:
·         Meryl Streep (Miranda Priestly)
·         Anne Hathaway (Andrea Sachs)
·         Emily Blunt (Emily)
·         Stanley Tucci (Nigel)
·         Simon Baker (Christian Thompson)
Anno: 2006
Paese: USA
Colore: Colore
Durata: 109 minuti
Genere: Commedia
Internet Movie Data base

venerdì 5 novembre 2010

Il grande Gatsby

Titolo: Il grande Gatsby
Titolo originale: The Great Gatsby
Autore: Francis Scott Fitzgerald
Anno: 1925

Il libro…


La copertina della prima
edizione americana 1925

Il giovane scapolo Nick Carraway è un tranquillo impiegato alla Borsa di New York. Rappresentante dell’agiata borghesia del Midwest degli Stati Uniti, laureato alla prestigiosa università di Yale, vive a West Egg – Long Island – in una zona molto esclusiva, punteggiata dalle splendide ville dei ricchi industriali e professionisti del Nord.
Tuttavia, poco ambizioso sul lavoro e dal tenore di vita morigerato, Nick si accontenta di prendere in affitto una casa molto piccola, stretta fra due proprietà. Quella alla sua destra appartiene a un misterioso milionario, di nome Jay Gatsby che ogni sera – o quasi – dà faraonici ricevimenti ai quali intervengono decine di invitati dell’alta società. Pare che quasi nessuno dei partecipanti abbia mai visto di persona Gatsby; questi preferisce restarsene nelle sue stanze, senza mai scendere fra gli ospiti che intrattiene in maniera tanto generosa con bella musica, divertimenti, cibo e alcoolici a volontà.
La sua figura e le sue origini sono avvolte dal mistero così com’è poco limpida la provenienza della sua enorme ricchezza. Quello che si racconta su Gatsby è contraddittorio. La versione ufficiale lo dipinge come un abile uomo d’affari, soldato plurimedagliato ed ex studente di Oxford; quella più diffusa - anche se sussurrata a mezza voce - invece, lo vuole di origini umilissime e invischiato in traffici illeciti e attività losche.
Nick ha l’opportunità di conoscerlo da vicino, prima come invitato alle sue feste e poi, quando la frequentazione tra i due si farà più stretta, come amico. Il legame si rinsalda ulteriormente quando Gatsby chiede a Nick di invitare sua cugina Daisy a prendere il tè. Daisy e il marito Tom – ex campione di football – trascorrono le estati in una villa dal lato opposto della baia, a East Egg proprio di fronte alla villa di Gatsby.
La donna è una giovane ereditiera con la quale Gatsby ha avuto un’intensa storia d’amore alcuni anni fa, prima che l’esercito lo chiamasse a combattere in Europa nella Guerra Mondiale.
Gatsby non ha mai smesso di pensare a lei. Sembra che ogni attimo della sua vita e ogni soldo che ha guadagnato siano finalizzati a realizzare il suo sogno: riconquistare Daisy. La stessa villa comprata dall’altra parte della baia è parte di quel piano di riavvicinamento che il solitario neo-milionario ha preparato.     
E tutto pare andare per il verso giusto. Da quando si sono rivisti, Daisy non smette di recarsi ogni giorno a fargli visita. La scoperta che il matrimonio tra la donna e Tom è da tempo in crisi, con l’ex giocatore di football impegnato in una relazione extraconiugale, aumenta le speranze di Gatsby di riprendere la storia d’amore interrotta anni prima.
Ma i piani, anche quelli ben elaborati, quando ci sono di mezzo i sentimenti e l’animo degli esseri umani sono spesso soggetti al fallimento…

Il grande Gatsby è una parabola triste sui rapporti che regolano le nostre società – nello specifico si tratta di quella americana dei “ruggenti” anni Venti – dove a vincere sono il conformismo, il perbenismo, il disprezzo della lealtà e un escludente modello classista. Gatsby è pure una figura patetica, un parvenu che tenta di comprare con l’enorme quantità di denaro che ha racimolato in pochi anni un passato rispettabile che in realtà non ha. Gatsby è anche un avventuriero di umili origini, un gangster che ha fatto fortuna con il contrabbando di liquori. Un uomo che non sa limitarsi nello spendere, che veste in maniera vistosa e pacchiana e che è  generoso fino a mettere in imbarazzo. È interessato a farsi accettare dall'upper class e – di conseguenza – da Daisy, il suo grande amore. Ma Gatsby è anche un sognatore, un uomo leale, semplice e moralmente meno corrotto dei rispettati e all’apparenza rispettabili membri della buona società. Abituati ad avere tutto, costoro non guardano in faccia a nessuno, così privi di principi e mancanti di ideali. Non sanno cosa sono i sentimenti profondi e i legami duraturi, ma usano le persone come se fossero quegli oggetti che – grazie alle risorse economiche di cui dispongono con facilità – possono permettersi di comprare e buttare. Sfruttano Gatsby, le sue feste e la sua generosità, ma nello stesso tempo lo disprezzano, prontissimi ad abbandonarlo alla prima occasione e a rinnegare persino di essere stati i suoi ospiti di una sera.

…dal libro al film…     

Delle tre versioni cinematografiche realizzate rispettivamente nel 1926, nel 1949 e nel 1974, tratterò dell’ultima, girata da Jack Clayton e sceneggiata da Francis Ford Coppola.

Robert Redford-Jay Gatsby in una scena del film

Esteticamente impeccabile e perfettamente ricostruito, il film mette in scena in maniera ricca e raffinata il mondo leggero, spensierato e un po’ dissoluto che si nasconde sotto patina la perbenista dei sofisticati anni Venti. Bei costumi, belle scenografie, ambientazioni curate fin nei dettagli fanno di molte scene delle splendide cartoline (per esempio, quella dell’infelice gangster che, al crepuscolo, guarda l’altra sponda della baia, dove si trova la villa di Daisy).
Mancano purtroppo la vitalità e un po’ di drammaticità. Così tutto risulta ingessato, a partire dalla fissità di un giovane Robert Redford-Jay Gatsby dai capelli scolpiti, fino ad arrivare alla superficialità e alla vacuità di una lamentosa Mia Farrow-Daisy Buchanan. La figura di Gatsby non è né molto affascinante né tragica: se nel libro di F.S. Fitzgerald si arriva a parteggiare per il gangster, si prova pietà per le sue sofferenze amorose, nel film questo proprio non avviene. Bella prova quella di Sam Waterson nei panni del narratore amico di Gatsby Nick Carrawy. Con il suo fare pensoso e distaccato, è l’unico che riconosce il degrado morale dell’ambiente da cui proviene, è il solo che lo rifiuta e che scopre quanto, invece, valga il suo nuovo amico.

Dati film:

Titolo: Il grande Gatsby
Titolo originale: The Great Gatsby
Regista: Jack Clayton
Sceneggiatura: Francis Ford Coppola (romanzo: Francis Scott Fitzgerald)
Interpreti:
·         Robert Redford (Jay Gatsby)
·         Mia Farrow (Daisy Buchanan)
·         Sam Waterson (Nick Carraway)
·         Bruce Dern (Tom Buchanan)
·         Karen Black (Myrtle Wilson)
Anno: 1974
Paese: USA
Colore: colore
Durata: 144 minuti
Genere: drammatico
Internet Movie Data base 

martedì 2 novembre 2010

Rebecca, la prima moglie

Titolo: Rebecca, la prima moglie
Titolo originale: Rebecca
Autore: Daphne Du Maurier
Anno: 1938

Il libro…

Montecarlo, anni Trenta. Una giovane donna inglese, al seguito della ricca signora per la quale fa la dama di compagnia, incontra un facoltoso possidente in vacanza in Costa Azzurra. Maxim De Winter – questo è il suo nome – è vedovo da circa un anno, da quando la moglie Rebecca è morta annegata in mare durante una tempesta. Tutti concordano nel descrivere De Winter come una persona ancora distrutta dal dolore e vittima di una brutta depressione.

Daphne Du Maurier

Eppure la conoscenza della ragazza e l'opportunità di trascorrere insieme a lei qualche giornata lo rinfrancano. Addirittura questi brevi ma spensierati momenti sono sufficienti per spingere il signor De Winter a chiedere alla giovane donna di sposarlo e di seguirlo a Manderley in Cornovaglia, nella splendida tenuta di famiglia. Nonostante siano diversi per età, estrazione sociale e abitudini, tra di loro sboccia subito un sentimento autentico, profondo…
Se fossimo in un romanzo d’appendice, questo sarebbe il finale adeguato – il classico “…e vissero felici e contenti” – dove tutto si ricompone e i protagonisti possono finalmente coronare il loro sogno. Per fortuna, invece, siamo nel mondo misterioso e indecifrabile della Du Maurier e questo non è che l’inizio della storia.
I novelli sposi si trasferiscono nella meravigliosa Manderley, tenuta carica di storia, tradizioni e, soprattutto, impregnata della presenza della precedente signora De Winter. Anche da morta Rebecca – la prima moglie appunto – continua a regnare su quella dimora, sulla servitù che lì vi lavora, sugli altri aristocratici vicini di casa, ancora impressionati dalla sua bellezza, dalla sua eleganza, dal suo savoir-faire. La nuova giovane moglie – io narrante del libro – è costretta a vivere, quasi fosse un’intrusa, circondata dalle cose appartenute a Rebecca e nel frustrante e mortificante confronto/competizione con la precedente consorte, così diversa da lei, così irraggiungibile.
A renderle quella vita ancora più insopportabile ci pensa la signora Danvers, efficientissima governante, devota al ricordo della vecchia padrona fino al limite dell’ossessione. Da perfida torturatrice psicologica quale è – uno fra i personaggi femminili più detestabili che io ricordi – la Danvers non perde occasione per umiliare l’insicura nuova signora De Winter e per sabotarne il matrimonio. D’altronde, l’unione tra il signor De Winter e la giovane donna è già messa a dura prova dalle continue incomprensioni e dagli screzi quotidiani.   
Eppure, quando tutto sembra sul punto di disgregarsi, quando il disaccordo e la nevrosi paiono avere la meglio sull’equilibrio emotivo della ragazza e sul suo affetto per Maxim, qualcosa, in maniera del tutto inaspettata, riemerge dal passato e spariglia le carte (un qualcosa che, tuttavia, non rivelerò in questo post…).   

Geniale e angosciante romanzo della Du Maurier sull’amore, sui ricordi, sul passato che ogni persona si porta dietro e sulla gelosia che si nutre di questo passato. Ma anche sull’inaspettata forza interiore che permette di superare le difficoltà più grandi.
La Du Maurier è bravissima nel dosare i tempi e i toni della narrazione. Volutamente lenta, quasi monotona e un po’ melodrammatica la prima parte, con l’insistito confronto tra le due signore De Winter e la descrizione delle sofferenze interiori che la nuova padrona vive durante la fase iniziale del suo soggiorno a Manderly. Incalzante, piena di suspense e di colpi di scena la seconda, quando le nuove verità venute a galla (…è proprio il caso di dirlo…) sconvolgono l’equilibrio su cui si regge la quotidianità della tranquilla contea.

…dal libro al film…
Judith Anderson-Signora Danvers e
Joan Fontaine-nuova signora De Winter

Hitchcock depura la storia dai tratti più melò e, accentuando quelli più drammatici, psicologici e thrilling, la rende decisamente… hitchcockiana. E questo si nota già dal senso di vertigine che si prova guardando una delle prime scene, quando Laurence Olivier alias Maxim De Winter, in piedi sull’orlo di uno strapiombo sul mare, fissa con occhi spiritati la distanza che lo separa dall’ipotetica caduta sui massi sottostanti.
Altri temi hitchocockiani ricorrenti sono: quello dell’uomo in crisi e disperato per una donna, quello della donna che entra nella sua vita per “salvarlo”, quello della dualità (Rebecca/prima moglie contro narratrice/ seconda moglie; in questo caso, un doppio rovesciato), quello dell’accusato che deve dimostrare la propria innocenza. 
Curato, come sempre, nei minimi dettagli e in grado di incollare gli occhi di noi spettatori fino alla fine (anche quelli di chi sa già come si concluderà la storia perché ha letto il libro…), Rebecca, la prima moglie è il primo film hollywoodiano del Maestro.
Sono perfettamente nella parte Laurence Olivier, un inquieto e ingessato quanto basta Maxim De Winter e Judith Anderson, con la sua espressione tra il severo e il glaciale, ottima nel rappresentare la perfida signora Danvers.   

Ultima annotazione. L’aggiunta delle tre parole …la prima moglie al semplice nome Rebecca, rende estremamente efficace e azzeccato il titolo scelto per l’adattamento italiano. Per una volta, dunque, la traduzione meglio dell’originale.  


Dati film:

Titolo: Rebecca, la prima moglie
Titolo originale: Rebecca
Regista: Alfred Hitchcock
Sceneggiatura: Philip McDonald (romanzo: Daphne Du Maurier)
Interpreti:
·         Laurence Olivier (Maxim De Winter)
·         Joan Fontaine (Seconda signora De Winter - narratrice)
·         Judith Anderson (Signora Danvers)
·         Reginald Danny (Frank Crawley)
Anno: 1940
Paese: USA
Colore: B/N
Durata: 130 minuti
Genere: Drammatico