lunedì 27 settembre 2010

Il ponte sul fiume Kwai


Titolo: Il ponte sul fiume Kwai
Titolo originale: Le pont de la Rivière Kwai
Autore: Pierre Boulle
Anno: 1952

Il libro…
Il vero ponte sul fiume Kwai a Kanchanaburi

1943, Seconda Guerra Mondiale, Estremo Oriente. I giapponesi utilizzano i soldati inglesi fatti prigionieri per costruire la ferrovia che dovrebbe collegare il golfo del Bengala a Bangkok e a Singapore. Li trattano alla stregua di schiavi, costringendoli a lavori massacranti nelle peggiori condizioni ambientali e igienico-sanitarie. A migliaia moriranno a causa delle malattie, della fatica, degli stenti e delle violenze giapponesi.
In questo quadro s’inserisce la storia del colonnello inglese Nicholson catturato dall’esercito nipponico insieme agli ufficiali e ai soldati del suo battaglione dopo aver ricevuto l’ordine di resa dal comando britannico.
Arrivati al campo di prigionia, il colonnello  s’impegna per mantenere intatte la struttura di comando e le gerarchie, nella convinzione che solamente ricreando un clima il più possibile normale, potrà evitare ai suoi uomini di perdersi d’animo e di sentirsi completamente alla mercé dei loro carcerieri. Per questa ragione ingaggia un duro braccio di ferro con il colonnello giapponese Saito affinché – convenzione di Ginevra alla mano – venga rispettata la norma riguardante il divieto di impiegare gli ufficiali in lavori manuali. Dopo averla spuntata sul giapponese e di nuovo legittimato a comandare i suoi uomini, Nicholson dedica anima e corpo alla costruzione del ponte.
Fiero e convinto assertore della superiorità della civiltà britannica, il colonnello inglese vede nella realizzazione del ponte un’ulteriore occasione per riaffermare agli occhi del mondo – e in questo caso a quello dei nipponici – la forza morale e civile della Gran Bretegna. Il lavoro, quindi, non solamente dovrà esser fatto a regola d’arte, ma anche nei tempi previsti. Anche se ciò comporterà un vantaggio per i disegni del nemico.
Parallelamente, a Ceylon, i servizi d’intelligence militare pianificano un’azione di sabotaggio, con l’obiettivo di rendere difficoltosa l’avanzata giapponese nella regione. Tre uomini sono incaricati di minare il ponte e farlo esplodere al passaggio del primo treno, il giorno dell’inaugurazione. Diversi per temperamento, sensibilità e prontezza di spirito, i tre sabotatori – che il lettore imparerà a conoscere durante la narrazione – rappresentano l’opposto dell’inflessibile e stolida logica militaresca del colonnello. 
Non a caso tra loro e il successo dell’operazione si frapporrà proprio Nicholson.

Scritto dal romanziere francese Pierre Boulle (istintivamente però, si potrebbe pensare all'opera di un autore inglese…) sulla base delle sue esperienze di militare in Indocina, il libro delinea perfettamente quella particolare sottospecie umana che è l'uomo dalle vedute ristrette e dagli orizzonti limitati. Senza tempo e trasversale a tutte le categorie (che sia un militare o un civile, poco importa), è molto probabile che ognuno di noi, nella vita, si imbatta o si sia già imbattuto in persone come il colonnello Nicholson.
Completamente pervaso dalla rigida mentalità militare fatta di obbedienza, onore, dovere e rispetto delle regole a tutti i costi, Nicholson non riesce a capire quando è il momento di mettere da parte gli schemi e usare il proprio libero arbitrio. Inoltre, privo di quella duttilità e di quell’intelligenza che permettono di leggere e interpretare le diverse situazioni secondo le circostanze e ottuso fino al midollo è disposto a sacrificare ogni cosa al dio della Disciplina e delle Regole.


 …dal libro al film…

Il regista inglese David Lean costruisce – con i finanziamenti di una major come la Columbia – un colossal premiato con svariati Oscar. Un classico che, una volta visto, difficilmente si dimentica, a partire dalla marcetta che i prigionieri inglesi fischiettano mentre, piedi nudi nel fango, marciano verso il ponte in costruzione (la Colonel Bogey March). Un’ottima fotografia di Jack Hyldiard e un’ambientazione curata rendono particolarmente suggestive le riprese del campo e del ponte che, tronco su tronco, viene costruito sul fiume in mezzo alla giungla.
Da segnalare poi l’interpretazione di Alec Guinnes, bravo a rendere sullo schermo la figura dell’ottuso e testardo colonnello Nicholson (in certi momenti verrebbe davvero voglia di mettergli le mani al collo!).


Alec Guinness - Col. Nicholson nel film

Cosa invece c’è in meno rispetto al libro. Sicuramente funziona meno l’inserimento della figura del prigioniero americano Shears (William Holden) che nel libro non esiste. Costui avrà una parte importante nell’azione di sabotaggio del ponte e nel portare un punto di vista “diverso” rispetto a quello molto inglese degli altri personaggi. Voluta dai produttori americani, la presenza di un “esterno” purtroppo spezza quell’efficace cortocircuito che Boulle ha creato mettendo in contrapposizione elementi che, pur provenendo dallo stesso ambiente (cioè l’esercito inglese), pensano e agiscono in maniera tanto diversa.
Inoltre, al di là dell’interpretazione di Guinnes, la psicologia di Nicholson e il suo assurdo attaccamento alle regole e quelle dei sabotatori, più acuti e flessibili, non emergono con la chiarezza del libro.
Infine, benché Il ponte sul fiume Kwai appartenga alla categoria dei “kolossal” (e dunque per loro stessa natura grandi e grossi), la pellicola risulta particolarmente lunga (più di 2 e 30 minuti) e lenta. Soprattutto mancano di ogni suspense le scene dedicate alle operazioni di sabotaggio, a differenza di quanto avviene nel romanzo, dove si rimane fino all’ultimo con il fiato sospeso.

Dati film

Titolo: Il ponte sul fiume Kwai
Titolo originale: The Bridge Over the River Kwai
Regista: David Lean
Sceneggiatura: Michael Wilson, Carl Foreman (romanzo: Pierre Boulle)
Interpreti:
·         Alec Guinness (Col. Nicholson)
·         William Holden (Shears)
·         Jack Hawkins (Maggiore Warden)
·         Sesse Hayakawa (Col. Saito)
·         James Donald (Clipton)
Anno: 1957
Paese: Gran Bretagna, USA
Colore: Colore
Durata: 161 minuti
Genere: Guerra/Avventura
Anno di uscita in Italia: 1958


giovedì 23 settembre 2010

About a Boy - Un ragazzo

Titolo: Un ragazzo
Titolo originale: About A Boy
Autore: Nick Hornby
Anno: 1998

Il libro…

Copertina dell'edizione inglese
Siamo nella Londra della prima metà degli anni Novanta, quelli della cool Britannia.
Accade che due persone con vite, età, interessi, caratteri completamente differenti e che probabilmente mai – se non fosse per gli strani intrecci del destino – si frequenterebbero, non solamente si conoscono ma diventano addirittura importanti l’una per l’altra.
Si tratta dei “due ragazzi” Will e Marcus. Il primo è un 36enne, single convinto, ricco e sfaccendato (vive di rendita grazie ai soldi delle royalties che guadagna ogni anno su una ridicola canzone natalizia incisa dal padre). Il secondo è un 12enne, introverso, un po’ testardo e dal modo di fare talvolta stravagante. S’incontrano per caso quando Will, in cerca di luoghi dove abbordare nuove ragazze, decide di partecipare a un gruppo di sostegno per giovani genitori (teoricamente destinato alle ragazze-madri…) inventandosi l’esistenza di un figlio che in realtà non ha.
È grazie alla frequentazione con una ragazza di nome Susie che Will entra in contatto con Marcus e con sua madre Fiona, una mezza hippie, piuttosto stramba e in piena crisi depressiva dopo essere stata abbandonata dal compagno. La conoscenza avviene in circostanze che sarebbe riduttivo definire "poco convenzionali" : la trova riversa sul divano, priva di sensi ma ancora viva, e con un bel po’ di pillole nello stomaco.
Non sappiamo se Will intuisca sin da subito quanto quelle circostanze – cioè l'imbattersi in Marcus, in Fiona e nel tentativo di suicidio di lei – possano incidere sulla sua esistenza futura. Sappiamo però che si affretta a promettere a se stesso di stare alla larga da quell’ambiente e di non lasciarsi coinvolgere emotivamente in una vicenda popolata da persone a lui estranee e per di più afflitte da tanti, troppi problemi. Lontanissimo dall’idea di paternità e allergico a qualsiasi forma d’impegno sentimentale (che sia per amore o amicizia), Will vuole continuare a condurre la sua vita egoisticamente piena di impegni secondari (vestire alla moda, ascoltare musica, guardare i programmi alla tv, andare per locali, passare da una donna all’altra), preferendo rimanere nel limbo di un’esistenza pianificata di scapolo senza grandi responsabilità e legami troppo solidi.
Tutto realizzabile e alla sua portata se non fosse per Marcus. È proprio quel bizzarro e cocciuto ragazzino a insistere nel voler entrare nella vita di Will, presentandosi a casa sua puntuale, ogni pomeriggio, e passando con lui intere mezz’ore a guardare programmi alla TV.
Durante queste quotidiane irruzioni nella sua privacy, Will scopre che Marcus è soprattutto un ragazzino complicato, insicuro e terribilmente solo. La scuola è un vero incubo. Troppo condizionato dalla logica e dalle idee bislacche della madre, viene emarginato dai suoi coetanei, canzonato da quelli più grandi e ignorato dall’altro sesso, oltre che vessato dai bulli, che ne fanno il loro principale passatempo. Gli unici punti di riferimento nello scombiccherato nucleo di persone che gli gira intorno sono Will e una 15enne di nome Ellie, la ragazza più insofferente e indisciplinata della scuola, che decide di prenderselo sotto la sua ala protettiva per puro spirito di contraddizione.
Will capisce perfettamente il disagio di Marcus e ne diventa una specie di pedagogo – molto sui generis – istruendolo su quella cultura pop di cui l’adolescente sembra non conoscere nulla. In qualche modo, facendogli conoscere i Nirvana o Snoop Dogg, le sneakers e i fast-food, Will aiuta Marcus a crescere e a diventare più sicuro di sé, oltre che più accettabile agli occhi dei suoi coetanei. Una “normalizzazione” dagli effetti benefici, che non va interpretata come educazione al conformismo o tentativo di eliminazione della diversità, ma piuttosto come metodo di per riappropriarsi della propria adolescenza. Se fino a quel momento ha vissuto soffocato da una madre iper-individualista e piena di strane fissazioni (sul cibo, sulla musica, sui vestiti e sulla vita in generale), Marcus ora smette di pensare e giudicare la realtà che lo circonda utilizzando solamente le categorie, i gusti e le idee che gli ha fornito Fiona. Scoprendo che esistono altre vie, finalmente comincia a vivere e a ragionare da ragazzino.
Inutile dire che anche Will trarrà dei vantaggi dall’incontro con Marcus, accorgendosi quanto sia piacevole sapere di avere qualcuno di cui prendersi cura.


…dal libro al film

La locandina del film
Piccole variazioni alla trama – funzionali alla messa in scena – non cambiano la sostanza del film che ricalca per struttura e contenuti il romanzo.
Stesso rispetto vale per il tocco leggero che l’abilissimo Hornby usa per descrivere pensieri e sentimenti, per la sua capacità di generare dialoghi divertenti (molto “cinematografici” fin dal romanzo) e di creare situazioni spassose.
Insomma, i fratelli Chris e Paul Weitz non fanno danni e riportano su pellicola buona parte della freschezza e dello humor dello scrittore inglese.

Molto azzeccata la scelta di Hugh Grant, perfetto nel ruolo di Will, scapolo disimpegnato, superficiale, egoista e fashion-addict. Finalmente torna a recitare (sul serio): attenua un po’ il fare da gigione che ha contraddistinto le sue performance da almeno dieci anni a questa parte e limita al massimo il ricorso alla mimica facciale (con il suo vasto repertorio di sorrisini, strizzatine d’occhi, fronte corrugata, bocca aperta per indicare sorpresa, battito di palpebre per mostrare stupore, ciuffo rimesso in posizione et similia).
Menzione anche per il giovane Nicholas Hoult (Marcus), qui ancora in versione “bravo bambino” prima di diventare l’infido e manipolatore Tony del teen drama Skins.      
     

Dati film

Titolo: About a Boy
Titolo originale: About a Boy
Regista: Chris e Paul Weitz
Sceneggiatura: Peter Hedges, (romanzo:Nick Hornby)
Interpreti:
·         Hugh Grant (Will)
·         Nicholas Hoult (Marcus)
·         Toni Collette (Fiona)
·         Rachel Weisz (Rachel)
·         Natalia Tena (Ellie)
Anno: 2002
Paese: USA, Gran Bretagna, Francia, Germania
Colore: colore
Durata: 101 minuti
Genere: commedia

venerdì 17 settembre 2010

Carrie

Titolo: Carrie
Titolo originale: Carrie
Autore: Stephen King
Anno: 1974

Il libro…

Carrie è il primo romanzo di Stephen King. 
Che sia storia o leggenda - ma le due ormai si confondono quando si parla dello scrittore - si racconta che sia stata proprio la moglie Tabitha a incoraggiare il "re" a proseguire con la storia di Carrie, recuperando (meno male!) le prime tre pagine del futuro best-seller dal cestino della carta straccia dove King, poco soddisfatto, le aveva gettate. Come si dice: dietro a un grande uomo c’è sempre una grande donna…  

Stephen King

Benché meno consistente, in quanto a numero di pagine, rispetto ai seguenti romanzi, Carrie già presenta quei temi che caratterizzeranno la successiva produzione di King: l'adolescenza e la difficoltà di diventare adulti, il complesso e contraddittorio rapporto con i genitori, la malvagità e il desiderio di prevaricazione delle persone, la violenza stupida del gruppo, l’emarginazione e la solitudine, il male e le sue manifestazioni, la straordinaria forza della mente, con i suoi lati oscuri, insondabili e i suoi abissi. Come molti dei suoi romanzi, anche questo è ambientato nel New England e ha come protagonisti personaggi che provengono dalla classe lavoratrice bianca.
La storia è semplice. Carrie White è un’adolescente che vive insieme alla madre Margaret a Chamberlain, una cittadina del Maine. Nonostante frequenti il locale liceo come tutti i suoi coetanei, l'esistenza di Carrie non è tra le più serene. A scuola le cose non vanno per niente bene, soprattutto nel rapporto con gli altri studenti. Sin dalle elementari è stata lo zimbello della classe, bersaglio di scherzi e battute feroci, emarginata da qualsiasi tipo di attività o relazione sociale. E ora che è cresciuta la situazione non è affatto migliorata, anzi , se possibile, si direbbe addirittura peggiorata. Carrie è goffa, bruttina e timida; i compagni la trovano “diversa”, “strana”, si vergognano a starle vicino e la disprezzano per come si veste, parla e si comporta.
Gran parte della responsabilità per la condizione di "paria" intoccabile in cui si trova, è da attribuire alla madre Margaret, una psicotica fondamentalista cristiana che nega alla figlia qualsiasi contatto con il mondo esterno (salvo la scuola) e che vede il diavolo e il peccato dietro ogni comportamento umano, anche quello apparentemente più innocuo.
Tuttavia, la ragazza ha davvero qualcosa di particolare e, nel medesimo tempo, di spaventoso: ha straordinarie facoltà telecinetiche che le consentono di spostare e far muovere gli oggetti a suo piacimento con la sola forza del pensiero.
Il libro si apre con le compagne di classe che, negli spogliatoi della palestra, tormentano Carrie deridendola e bersagliandola con assorbenti intimi. Lei, paralizzata sotto la doccia, piange isterica, mentre un rivolo di sangue le scende fra le gambe: ha appena avuto le sue prime e tardive mestruazioni ma, non sapendo di cosa si tratti, ne è sconvolta e spaventata.
Lo squallido scherzo con gli assorbenti è interrotto dall'arrivo della professoressa Desjardin che, indignata, mette fine al lancio e agli insulti, rincuora Carrie e minaccia la peggiore punizione possibile per una sedicenne: l’esclusione dall’imminente ballo di fine anno della scuola.
La maggior parte delle colpevoli di quel brutto gesto – tra cui la solitamente moderata Sue Snell – chiede scusa e accetta punizioni alternative, mentre la ribelle e viziata Chris Hargensen si rifiuta. Intanto Sue, rosa dai sensi di colpa e desiderosa di rimediare, convince il suo ragazzo Tommy, uno dei più corteggiati della scuola, a invitare Carrie al ballo al posto suo. Così accade. Carrie dopo un po' di resistenza accetta e a poco a poco abbassa le sue difese di persona che ha fatto della diffidenza verso il prossimo un sistema per sopravvivere. L'incubo della continua esclusione da ogni rapporto sociale decente pare stia per finire e per la prima volta le sembra che le cose stiano andando per il verso giusto.
Ma intanto Chris e il suo fidanzato, un poco di buono di nome Billy, organizzano uno scherzo sadico proprio durante il ballo, in maniera da umiliare Carrie davanti a tutti. A quel punto tutto quello che di buono è stato costruito crolla miseramente, scatenando nella ragazza una reazione terribile e distruttrice.

…dal libro al film…

Insieme a Shining di Stanley Kubrick e a La zona morta di David Cronenberg, Carrie è forse uno dei migliori film fra i tanti tratti da opere di King.
Brian De Palma è un maestro nel ricreare quel clima di crescente tensione che si respira, sempre più opprimente, intorno alla triste vicenda di Carrie White.
Noi spettatori seduti in poltrona viviamo con disagio la storia, divisi fra sentimenti opposti e indecisi a quale emozione sia lecito lasciarsi andare. Infatti, mentre da una parte assistiamo contenti alla rinascita della sfortunata Carrie, sempre più fiduciosa nei propri mezzi e finalmente convinta che anche a lei possa toccare un po' di felicità, dall’altra non riesciamo proprio a scacciare il brutto pensiero che la tragedia è ormai imminente e che tutto ciò che di bello abbiamo appena visto, ben presto, si trasformerà nel suo rovescio.
Come nel libro ci si ritrova in attesa della scena finale, con l’incredibile e impattante esplosione di violenza e di sangue, in cui viene liberata tutta l’energia negativa trattenuta fino a quel momento.

Puro godimento per coloro che (come chi scrive) amano il cinema di De Palma. Nella pellicola sono presenti alcuni elementi caratterizzanti del suo stile: i lunghissimi piani-sequenza (quello all’inizio del film in slow motion, fra i vapori dello spogliatoio femminile), i ricercati movimenti di macchina, le tecniche e gli effetti come split-screen e split-diopter. Superba la lunghissima scena della vendetta di Carrie.     
Da ricordare sia la riuscita interpretazione di Sissi Spacek nei panni di Carrie, innocente e indifesa quanto inquietante e “diabolica”, sia le musiche di Pino Donaggio.    


Dati film:

Titolo: Carrie – Lo sguardo di Satana
Titolo originale: Carrie
Regista: Brian De Palma
Sceneggiatura: Lawrence D. Cohen, (romanzo: Stephen King)
Interpreti:
·         Sissi Spacek (Carrie White)
·         Piper Laurie (Margaret White)
·         William Katt (Tommy Ross)
·         Amy Irving (Sue Snell)
·         John Travolta (Bobby Nolan)
Anno: 1976
Paese: Stati Uniti
Colore: colore
Durata: 95 minuti
Genere: horror/drammatico

         

giovedì 16 settembre 2010

American Psycho

 Titolo: American Psycho
Titolo originale: American Psycho
Autore: Bret Easton Ellis
Anno: 1991

Il libro...


Copertina edizione inglese
(Vintage Books, NY)

Patrick Bateman è un ventisettenne, bello, ricco e molto narcisista, convinto che tutte le donne lo desiderino e siano innamorate di lui. Ama i vestiti firmati, i prodotti più ricercati che acquista solamente nei negozi più cari di New York e dedica al proprio corpo infinite e maniacali attenzioni con giornaliere sedute di allenamento in palestra e ripetute visite nei centri estetici più esclusivi della città. Vive da solo in un lussuoso appartamento a Manhattan arredato secondo le ultime tendenze nella decorazione d’interni ed è membro dei club più esclusivi. Adoratore di Donald Trump che considera un esempio, frequenta solamente i locali più in voga del momento in compagnia dei suoi colleghi di lavoro alla società di brokeraggio Pierce & Pierce (…la stessa dello Shermann McCoy del Falò delle vanità di Tom Wolfe…), rampolli come lui di importanti famiglie di finanzieri e avvocati. A volte è accompagnato dalla fidanzata Evelyn, una ricca sbandata figlia di papà perennemente imbottita di farmaci che non ama e che tradisce. Con loro divide la passione per l’alcool, gli antidepressivi (il litio) e la cocaina che consuma senza freni nelle toilette dei costosi ristoranti dove ogni sera cena. Sono tutti così simili, con i loro capelli ben tagliati, i completi Armani o Cerruti, le camicie Brooks Brothers, gli orologi Rolex e gli occhiali da vista con montatura in tartaruga Oliver People che si confondono l’uno con l’altro quando s’incontrano ad un party esclusivo o nel privè dell’ultimo locale di grido.
Assillato dall’apparenza e tormentato dalla forma, Bateman racchiude in sé i tratti salienti dello yuppie: è frivolo, arrogante, amante del lusso e dell’ostentazione, immorale, arrivista, avido, classista, omofobo, edonista e cocainomane.
Ma tutto questo non è che un lato del protagonista, quello superficiale e meno interessante. Il romanzo, infatti, non è solamente il divertito e caricaturale racconto dell’esistenza quotidiana di questa strana razza che ha visto la luce nei reaganianissimi anni Ottanta, ma una vera e propria immersione negli abissi di una mente malvagia. A Ellis interessa soprattutto aggiungere e descrivere anche l’altro lato della psiche, quello oscuro, malato e verminoso.
Dietro il sorriso bianchissimo e i bei modi (Bateman è un esperto delle regole del galateo) si nasconde un abisso di violenza, di perversione e di comportamenti maniacali spinti oltre i limiti dell’umano. Il fastidio verso senzatetto e stranieri – che giornalmente umilia – sfocia in brutali pestaggi e omicidi. L’ossessione per il sesso estremo non si ferma alla passione per prostitute e film hard, ma diventa sadismo, con il terribile contorno di interminabili torture e sevizie  perpetrate alle ragazze che conosce e seduce, di necrofilia e pulsioni cannibalesche. La competizione con gli altri per arrivare al successo è ragione sufficiente per efferati assassini.
Sempre più imbottito di cocaina, antidepressivi e alcool, Bateman è incapace di uscire dalle proprie allucinazioni e di distinguere ciò che accade solamente nella sua testa e cosa, invece, nella realtà. E noi come lui ci chiediamo se quello che abbiamo appena letto è avvenuto veramente o è stato solamente il frutto del delirio di un folle.

...dal libro al film…

Difficile costruire una storia che in realtà “storia” nel vero senso della parola non è, ma piuttosto un collage di tanti episodi raccontati in prima persona e in maniera sempre più delirante e schizofrenica dal protagonista stesso. Eppure la regista Mary Harron non se la cava affatto male, rendendo credibili gli atteggiamenti, le atmosfere e i luoghi tipici del rampantismo yuppie anni Ottanta.

Christian Bale-Patrick Bateman nel film
 Anche se di molto smussate rispetto alle vivide e dettagliate descrizioni del libro (in alcuni casi davvero raccapriccianti), risultano ugualmente efficaci le scene di sesso o di violenza, in cui a immagini patinate si mischia una buona dose di grottesco e un gusto per il sangue (o sciroppo di lamponi?), quasi da pellicola splatter. Ben calibrati anche humor (nero) e momenti di tensione; azzeccate anche le musiche, così importanti nel romanzo (ad effetto la scena in cui, con walkman a tutto volume, Bateman cammina impassibile nei corridoi della Pierce&Pierce al ritmo di Walking on Sunshine).
Bravo Christian Bale nel ruolo di Bateman: fisico adeguato, sguardo glaciale ed espressione che oscilla tra lo scostante e lo sprezzante. Da sottolineare anche l’interpretazione di Chlöe Sevigny, nel ruolo della timorosa e in fondo innamorata segretaria di Bateman, l’unica donna verso cui il crudele yuppie sembra provare un sentimento che può, anche se da lontano, essere paragonato a qualcosa di umano.    

Dati film:

Titolo: American Psycho
Titolo originale: American Psycho
Regista: Mary Harron
Sceneggiatura: Mary Harron, Guinevere Turner (romanzo: Bret Easton Ellis)
Interpreti:
·         Christian Bale (Patrick Bateman)
·         Justin Theroux (Timothy Bryce)
·         Chlöe Sevigny (Jean)
·         Josh Lucas (Craig McDermott)
·         Willem Dafoe (Detective Donald Kimball)
Anno: 2000
Paese: USA
Colore: Colore
Durata: 102 minuti
Genere: Thriller
Anno di uscita in Italia: 2001

Il Falco Maltese


Titolo: Il falco maltese
Titolo originale: The Maltese Falcon
Autore: Dashiell Hammett
Anno: 1930

Il libro...

San Francisco, anni Trenta. La storia comincia quando l’avvenente Miss Wonderly (il nome è una garanzia) varca la soglia dell’ufficio dell’agenzia di investigazioni gestita da Sam Spade e dal socio Miles Archer. La donna, piuttosto turbata, dice di aver bisogno del loro aiuto per ritrovare la sorella, ancora minorenne, scomparsa insieme a un tizio poco raccomandabile, tale Floyd Thursby. Un caso apparentemente semplice e dove si può guadagnare bene, considerata la facilità della signora nel tirar fuori i soldi.

Copertina della prima edizione 1930

Spesso però la realtà è un po’ diversa da come appare o da come viene raccontata. Che quello in cui li ha cacciati la bella Miss Wonderly sia un caso ad alto rischio lo dimostra la brutta fine del detective Archer, eliminato nelle battute inziali da un colpo di pistola, proprio mentre pedinava Thursby.

Lo stesso vale per Sam Spade: nel volgere di poche ore si ritrova immischiato in una faccenda spinosa e ingarbugliata che non promette altro che guai. Dietro alla storia lacrimevole della donna si nasconde l’intricata vicenda di una preziosissima e antica statuetta a forma di falco, esempio mirabile di oreficeria tardomedioevale, dono dei Cavalieri di Malta all’imperatore Carlo V. Un gruppo di loschi individui dà la caccia a questo oggetto pregiato, rincorrendolo da un continente all’altro e servendosi di ogni mezzo (legale e illegale) pur di averlo fra le mani. Se ne disputano il possesso, senza esclusione di colpi, la pericolosa e crudele Brigid O'Shaughnessy (vero nome di Miss Wonderly) -  tutt’altro che l’indifesa creatura che aveva finto di essere all’inizio –, il viscido e untuoso Joel Cairo, il ricco e immorale Kasper Gutman.
 Tuttavia Spade non deve guardarsi solamente da questi avventurieri senza scrupoli, ma anche dalla polizia che lo accusa ingiustamente dalla morte del suo socio, dalla vedova di questo, innamorata di lui e dall’impulsivo tirapiedi alle dipendenze di Gutman. Per riuscire a cavarsela dovrà ricorrere a tutta la sua abilità e al suo sangue freddo, giocando su più tavoli ed evitando i passi falsi.
Creando Sam Spade, Dashiell Hammett non dà solamente vita a un personaggio affascinante e ben riuscito, ma traccia le linee guida – un canone – di quella che sarà la figura del detective privato del genere letterario hard-boiled. A lui si ispireranno diversi autori, fra i quali Raymond Chandler (con il suo investigatore Philip Marlowe) è senza dubbio il più famoso.
Spade è duro, cinico, ironico, strafottente, un tipo dai modi spicci e di poche parole, al tempo stesso rude e dolce con le donne (con una punta di machismo). Nella giungla metropolitana di San Francisco solamente i tipi come lui – hard-boiled appunto – resistono e sopravvivono alla violenza, alla corruzione e all’immoralità dilaganti. Scettico e diffidente nei riguardi del genere umano (in particolare dei poliziotti) e disincantato in amore, Spade non fa mai un gesto di troppo e sa contenere le proprie emozioni anche quando è sotto pressione. Pur non essendo un esempio cristallino di moralità, ha un suo codice di comportamento che istintivamente lo spinge verso la legge e la giustizia.   

...dal libro al film…

Bogart nei panni di
Sam Spade (dal film)
Bellissima pellicola d’esordio (wow!) di John Huston. Tutto funziona a meraviglia e non un fotogramma è sprecato: c’è ritmo, dialoghi efficaci che trovano corrispondenza in inquadrature mai casuali e attori in ottima forma. Tra tutte svetta la superba interpretazione che Humphrey Bogart fa dell’investigatore privato. Ogni ripresa ha Bogart come punto di riferimento e tutto il film gira intorno a lui, dal suo sorriso a denti stretti, alla piega sul labbro, dall’eterna sigaretta all’angolo della bocca (ne accende una in ogni scena), all’espressione eternamente corrucciata e seria fino alle battute dette a raffica. L’alchimia con Huston c’è e si vede; l’attore non si risparmia, si muove con disinvoltura, occupa la scena e dimostra di sapersi meritare tanta attenzione.
È talmente forte l’impronta data che, anche se si legge il libro prima di vedere il film, più o meno  inconsciamente, si è portati a dare a Sam Spade il volto di Bogart.  
Un accenno anche al personaggio di Miss Effie Perrine (Lee Patrick), la sveglia e scattante segretaria di Spade, tutta sorrisi, ammiccamenti e sguardi d’intesa con il suo capo. 

Dati film:

Titolo: Il mistero del falco
Titolo originale: The Maltese Falcon
Regista: John Huston
Sceneggiatura: John Huston, (romanzo: Dashiell Hammett)
Interpreti:
·         Humphrey Bogart (Sam Spade)
·         Mary Astor (Miss Wonderly-Bridgid O'Shaugnessy)
·         Peter Lorre (Joel Cairo)
·         Sidney Greenstreet (Kasper Gutman)
·         Lee Patrick (Effie Perine)
Anno: 1941
Paese: USA
Colore: B/N
Durata: 101 minuti
Genere: Noir/Giallo
Anno di uscita in Italia: 1947