lunedì 16 maggio 2011

Misery

Titolo: Misery
Titolo originale: Misery
Autore: Stephen King
Anno: 1987

Il libro...

Kathy Bates - Annie Wilkies in una scena del film
Parto con due domande che apparentemente hanno poco a che fare l'una con l’altra. La prima: non vi è mai capitato di desiderare di poter leggere il seguito di un romanzo che, invece, seguito non ha mai avuto? Insomma del tipo “ma alla fine Renzo Tramaglino avrà divorziato da quella noiosa e forse frigida piattola di Lucia Mondella per una tipa più sciolta o l’avrà sopportata fino alla fine dei suoi giorni?”. La seconda domanda: è possibile che un libro possa letteralmente salvare o allungare una vita?
In un caso il desiderio si può scontrare con oggettive difficoltà di fattibilità, specialmente se l’autore è già passato a miglior vita e quindi, non è più convincibile da un assegno a sei zeri di un magnate dell’industria culturale, pronto a  sganciargli un sostanzioso anticipo per narrare la vecchiaia di qualche eroe di cui aveva raccontato con successo la gioventù.
Nell’altro caso, l’azione del raccontare (ovvero dell’occupare il proprio tempo e quello altrui con parole) può, in effetti, trasformarsi in una maniera per dilazionare e allontanare il verificarsi di qualche fatto funesto. E questo è già accaduto in passato, a partire da Le Mille e una notte (con l’ingegnosa Sherazade che, per salvarsi dal re-marito crudele che uccide ogni prima notte di nozze le sue spose, gli racconta storie che finiscono sempre il mattino dopo, salvandosi così la vita) fino allo spot Telecom di qualche anno fa con protagonista Massimo Lopez (il famoso condannato a morte che chiede di fare l’ultima lunghissima chiamata… colpo di genio dell’Agenzia Armando Testa. Da recuperare su YouTube).
Ecco, tutto questo sproloquio per dire che in Misery, King ha affrontato sia una che l’altra questione. Il tutto all’interno di un romanzo (forse uno dei migliori del “Re”) dove – in modo davvero efficace – si dimostra quanto la scrittura e i libri siano parte, addirittura si mischino, della nostra vita quotidiana e non siano solamente un semplice accessorio o un puro passatempo.
Paul Sheldon è un romanziere di successo, famoso soprattutto per aver inventato e sfruttato il personaggio di Misery, eroina romantica, protagonista dei suoi libri. Mentre rientra a casa in auto, con il nuovo manoscritto appena terminato appoggiato sul sedile del passeggero, Sheldon perde il controllo della sua autovettura e si schianta in una zona impervia tra le montagne innevate del Colorado. Si risveglia giorni dopo in una stanza che non conosce in balia delle cure di una donna, Annie Wilkies, sua salvatrice, ma anche sua fanatica ammiratrice. La donna un ex-infermiera con la mania della lettura è infuriata con Sheldon per aver fatto morire, nel suo ultimo libro, il personaggio di Misery. Per questa ragione è pronta a tutto per costringere lo scrittore a inventare una storia tutta per lei, dove la sua beniamina tornerà a vivere…
Moderna Sherazade, il segregato Sheldon ha come unico obiettivo quello di sopravvivere alle sevizie che la psicopatica Annie, ammiratrice schizoide e infermiera da incubo, gli infligge.
Ma i temi del romanzo vanno oltre il potere della scrittura.
King indaga anche il prepotente istinto di sopravvivenza e di adattamento che si sviluppa nell’uomo, soprattutto quando si ritrova in situazioni estremamente scomode e dolorose. Sheldon vuole vivere, vuole scappare da quella casa maledetta e tornare alla sua solita esistenza. Ma per riuscirci deve resistere e resistere significa non solamente essere costretto a superare, giorno dopo giorno, il tremendo dolore fisico e psicologico che Annie gli procura. Per venirne fuori è necessario alzare la soglia della sofferenza e nel contempo venire a patti con la mente malata della sua carceriera.
Un altro elemento è quello dell’insaziabile voracità dell’ammiratore nei confronti della star e/o dell’artista (Annie si presenta a un ancora interdetto Paul con la poco rassicurante frase: “Sono la tua ammiratrice numero uno!”).
Il fan è avido, invadente, poco disponibile ai cambiamenti e intellettualmente poco curioso ad esplorare nuovi ambiti. Il fan è un terribile conservatore che prende in ostaggio il proprio idolo costringendolo a rifare – con qualche piccola modifica – sempre la stessa cosa. Non perdona nessun allontanamento dalla tradizione, arrivando a soffocare la creatività dell’artista di turno, preferendo ascoltare, vedere o leggere continue varianti di quello che gli è piaciuto una volta.
C’è, infine, la follia che porta alla degenerazione dell’animo umano (ma anche animale, come accade in romanzi come Cujo, per esempio) e che spinge a comportamenti estremamente malvagi. Annie è, per questa ragione, uno fra i “cattivi” più insopportabili e sgradevoli della storia della fiction mondiale. In assenza di mostri, vampiri o presenze dell’oltretomba, ciò che fa paura in quest’opera di King è l’imprevedibile crudeltà che muove le azioni e i pensieri della donna. È impossibile trovare un criterio logico: bisogna valutare volta per volta e pregare che il mostro dentro di lei non si risvegli e non chieda una vittima per saziare la propria sete… (anche Jack Torrence in Shining mostrava caratteristiche analoghe). Annie mette a disagio noi che dall’altra parte delle pagine c’immaginiamo cosa sia costretto a subire e – a suo malgrado – a sopportare Sheldon.
Romanzo superbo.
…dal libro al film…
Sul film dirò poco. E non perché sia stata una delusione o perché abbia tradito lo spirito del libro, anzi. La pellicola del bravo Bob Reiner ricostruisce bene le atmosfere del romanzo e non si dimentica la suspense che lo pervade. Il regista aveva già collaborato con King all’epoca del pregevole Stand by Me – Ricordo di un estate del 1986, film tratto da una storia contenuta in Stagioni Diverse, antologia di racconti che il “Re” ha pubblicato nel 1982.  
Ugualmente fanno il loro dovere gli attori James Caan e Kathy Bates. A dire il vero, la Bates (che per questa interpretazione ottenne un Oscar) dà un’ottima prova impersonando nel migliore dei modi la brutta pazzoide Annie Wilkies. 
Complessivamente, quindi, si tratta di un buon film, ben confezionato, curato e che non fa torto al libro eppure… eppure rispetto al romanzo rimane secondario, opzionale. Quello che intendo dire è che se dovessi scegliere a quale forma espressiva dare la precedenza, beh non avrei alcun dubbio a indicare il romanzo.
Niente di male nel gustarsi il film di Reiner, piuttosto il vero delitto sarebbe limitarsi a questo senza leggere il libro!
 
 
CHARLIE CITRINE
 
 
Dati film
Titolo: Misery non deve morire
Titolo originale: Misery
Regista: Rob Reiner
Sceneggiatura: William Goldman (romanzo: Stephen King)
Interpreti:
·         Kathy Bates (Annie Wilkies)
·         James Caan (Paul Sheldon)  
·         Lauren Bacall (Marcia Sindell)
Anno: 1990
Paese: USA
Colore: Colore
Durata: 107 minuti
Genere: Thriller
 Un estratto dal romanzo (Sperling Paperback, 1991, pp. 3-4):  
“[…] Con il passar del tempo, s’accorse che c’erano periodi di non-dolore e che questi periodi avevano una cadenza ciclica. E per la prima volta da quando era bambino era emerso dal buio totale che aveva anticipato la nebbia, formulò un pensiero separato dall’incomprensibile situazione in cui si trovava. Era il pensiero di un pilone spezzato che sporgeva dalla sabbia a Revere Beach. Suo padre e sua madre lo avevano condotto spesso a Revere Beach da bambino e lui pretendeva sempre che stendessero la coperta in un punto da dove potesse tenere un occhio su quel pilone, che a lui sembrava come l’unica zanna di un mostro sepolto. Gli piaceva sedersi a osservare l’acqua salire a coprire lo spuntone. Poi, ore più tardi, dopo che erano stati consumati i sandwich e le patate in insalata, dopo che erano state spillate anche le ultime gocce di Kool-Aid dal grosso thermos di suo padre, appena prima che mamma dichiarasse che era il momento di sbaraccare per tornare a casa, la cima di quel pilone marcio faceva di nuovo capolino un balenare istantaneo dapprincipio, nel riflusso delle onde poi sempre di più. Ora che avanzi e rifiuti erano stati gettati nel grosso bidone con la scritta TENETE PULITA LA VOSTRA SPIAGGIA e i giocattoli di Paulie erano stati raccolti
(‘Paulie è il mio nome è così che mi chiamo e questa sera la mamma mi metterà il Baby Oil della Johnson sulle scottature’ pensò dentro il cirrocumulo in cui viveva ora)
e la coperta ripiegata, il pilone era quasi completamente ricomparso, con il suo legno nerastro e viscido circondato da grappoli di schiuma. Era la marea, aveva cercato di spiegargli suo padre, ma lui aveva sempre saputo che era il pilone. La marea andava e veniva; il pilone restava. Solo che certe volte non lo si vedeva. Senza pilone, non c’era nemmeno la marea”.

3 commenti:

  1. Ho letto il libro e visto pure il film e concordo pienamente con la tua recensione.

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  2. Aggiungo che si tratta di un romanzo da rileggere. Magari con calma, finalmente "libero" da quella curiosità di arrivare al più presto alla fine che mi aveva preso la prima volta che l'avevo letto...

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  3. il libro mi è piaciuto molto, anche se forse, come spesso capita ai romanzi di King, aveva qualche pagina di troppo tranquillamente evitabile. sul film concordo con te, ben fatto ma niente di più.

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