domenica 5 giugno 2011

Blade Runner e i sogni elettrici degli androidi

Titolo: Ma gli androidi sognano pecore elettriche?
Titolo originale: Do Androids Dreams of Electric Sheep?
Autore: Philip K. Dick
Anno: 1968

Il libro…

Locandina del film
Metto le mani avanti e inizio ammettendo che la mia preparazione sul genere “fantascienza” rasenta lo zero. E ciò vale sia per l’ambito cinematografico sia – e soprattutto – per quanto riguarda la letteratura. Mi riferisco, in special modo, ai sottogeneri chiamati convenzionalmente space opera (quello dei viaggi interplanetari, delle astronavi, delle guerre fra galassie etc.) e hard science fiction (quello che può piacere ai nerd occhialuti, futuri fisici, ingegneri o matematici).
Non che non mi sia emozionato con i primi episodi di Guerre Stellari, addormentato con Tron e annoiato mortalmente con 2001 Odissea nello spazio, ma non sono mai andato troppo oltre. Mi sono, poi, tenuto alla larga dai vari Star Trek, dalle minacce extraterrestri, dai portali aperti su altre galassie, dagli incontri del terzo tipo e dai viaggi interplanetari. Infine, mancano all’appello sugli scaffali di casa mia i romanzi di Isaac Asimov e di Arthur C. Clarke...
Ben più grave, però, l’assenza di Philip K. Dick che con i filoni sopra citati in realtà c’entra poco. A colmare questa lacuna ci ha pensato – qualche settimana fa – un caro amico. Stanco di farmi citazioni che non potevo capire e disperato dopo l'ennesimo riferimento caduto nel vuoto, mi ha fatto avere Ma gli androidi sognano pecore elettriche?, invitandomi a leggerlo e poi a farci un post (credo anche come verifica dell’avvenuta lettura…). Io gli ho dato la mia parola e così eccomi qua a provarci. Dico “a provarci” perché non sono sicuro di saper maneggiare la materia. Innanzitutto, perché Dick è un autore di culto con una schiera di fanatici ammiratori pronti a sostenerlo e a difenderne la memoria (il mio amico in primis). Cultori che ne hanno divorato e interiorizzato così bene l’opera omnia da ricordarne ogni passaggio. Secondo, perché proprio a questa opera di Dick è associato un film altrettanto famoso, anch’esso oggetto di venerazione degli amanti del genere. Dunque, doppio rischio di andare incontro agli anatemi di questi “custodi della tradizione”.
La storia è senza dubbio avvincente. Il pianeta Terra è semidistrutto e reso quasi invivibile dopo anni di guerre distruttrici e quella che fu la civiltà umana giace in gran parte sepolta sotto una coltre di polvere (“la palta”). Quasi tutte le specie animali e vegetali si sono estinte, salvo la presenza di rari esemplari, ormai divenuti oggetti di lusso per gli ultimi ricchi. La maggior parte degli esseri umani è emigrata in altri pianeti e nelle vecchie città ormai in decadenza abitano poche persone. Oltre agli uomini esistono gli androidi macchine supersofisticate dalle sembianze umane. Prodotti da potenti industrie multinazionali, gli androidi possono essere liberamente commercializzati negli altri pianeti, ma non sulla Terra. Compito del protagonista Rick Deckard, agente della polizia di San Francisco, è quello di cercare e eliminare i droidi. Il suo è un lavoro faticoso, sporco e molto rischioso. La vita su questa nuova Terra post-bellica corrotta e rovinata non è per niente facile: Deckard non deve solamente guardarsi le spalle dalle trappole che i droidi, sempre più “umani”, gli tendono, ma anche da una stanchezza intima e da un’infelicità latente che pervadono ogni aspetto della sua esistenza. Cosa gli rimane? Un mondo cupo e senza speranze dove esistono surrogati di felicità passate, una pseudo religione che dà false speranze, l’accompagnamento ossessivo dei monologhi di un comico trasmessi 24 ore su 24 dai mass media, delle città polverose e in disfacimento, la sua sempre più ambigua attrazione fisica per i droidi e i crescenti dubbi morali sulla loro eliminazione, il sogno proibito di guadagnare tanto per potersi finalmente comprare un animale vero, al posto della pecora elettrica che tiene sulla terrazza di casa. Infine, il forte sospetto che in nessuna parte nell’universo – anche nelle colonie dove gli umani in fuga dalla Terra hanno trovato scampo – ci sia un posto dove le cose vadano meglio.

Romanzo davvero molto affascinante, anche se a tratti – e lo dico a voce bassa – non così avvincente come mi sarei aspettato: specie nei punti dove avviene la cattura e il ritiro dei droidi manca un po’ di suspense, un po’ di pathos (tutto avviene troppo in fretta). Non mancano, per fortuna, una buona dose di ironia e la capacità di non prendersi troppo sul serio.
Riuscitissima la figura del poliziotto. Cinico, sarcastico, solitario, dalla vita privata disordinata ma umanissimo nelle sue debolezze, un personaggio a metà strada fra il detective anni Trenta-Quaranta (alla Sam Spade, per capirci) e il poliziotto cane sciolto, caparbio quanto imprevedibile. Mentre leggevo il romanzo, più che a Harrison Ford (che interpreterà Deckard nella versione cinematografica) mi è venuto in mente Mickey Rourke del film L’anno del Dragone di Michael Cimino.


…dal libro al film…


Alcuni criticano Ridley Scott (come del resto fanno con De Palma) perché a veri capolavori alterna film “solamente” buoni o discreti. Come se fosse facile azzeccare ogni volta la pellicola giusta! Al di là del fatto che anche i film meno “speciali” di Scott sono comunque sopra la norma (e questo vale anche per De Palma) vanno, invece, apprezzati sia la capacità del regista britannico di girare molto (non si risparmia) sia il coraggio di provare storie e generi sempre diversi (fantascienza, gangster movie, storico, guerra, fantasy, poliziesco etc.). Per chi avesse voglia di passare un paio di buone serate, consiglio di (ri-)guardare Alien (1979), Black Rain (1989) e Legend (1985) titoli di Scott di qualche anno anteriori/posteriori alla pellicola in oggetto e magari trovare le analogie... 
Rutger Hauer - Roy Batty in una scena del film
Tornando a Blade Runner. Ciò che non si discute è come tutto sia stato ricreato alla perfezione. Los Angeles (e non San Francisco come nel romanzo) è una metropoli senza confini, sovrappopolata e iperurbanizzata. È una città del futuro e come tale è immaginata a strati, sviluppata soprattutto in altezza (come non pensare a Metropolis di Fritz Lang?!). In basso è caotica, sporca, buia, piovosa, multietnica; lì ci stanno i poveri con i loro modesti commerci (sembra di essere in una rappresentazione stereotipata di qualche megalopoli asiatica). In alto abitano i ricchi, con i loro palazzi esclusivi da dove vedono sorgere e tramontare il sole (la suggestiva sala della Tyrrell Corp. sembra un tempio egizio). Effetti speciali ottimi per l’epoca che resistono ancora oggi e che non fanno pensare ai fondali di cartapesta. Un grande contributo lo dà la musica originale firmata da un maestro come Vangelis.
Ottimi gli interpreti. Harrison Ford è l’uomo giusto al posto giusto (e con la faccia giusta). Quale attore ha avuto l’occasione di diventare, nel giro di un decennio, Ian Solo, Deckard e Indiana Jones? Bravissimo mister occhi di ghiaccio Rutger Hauer. Chi meglio di lui poteva fare l’androide? Il monologo finale è famossimo e da brivido.
Unico neo, il titolo: Blade Runner è forse cinematograficamente più spendibile, ma rispetto a quello del romanzo infinitamente meno evocativo…

CHARLIE CITRINE

Dati film:
Titolo: Blade Runner
Titolo originale: Blade Runner
Regista: Ridley Scott
Sceneggiatura: Hampton Fancher e David Webb Peoples (romanzo: Philip K. Dick)
Interpreti:
·         Harrison Ford (Rick Deckard)
·         Rutger Hauer (Roy Batty)
·         Sean Young (Rachael)
·         Daryl Hannah (Pris)
Anno: 1982
Paese: Stati Uniti, Hong Kong
Colore: Colore
Durata: 117 minuti
Genere: Fantascienza/Thriller
Internet Movie Data base


4 commenti:

  1. Come non commentare... vorrei solo farti notare una cosa caro il mio Citrine. E' vero che nel libro le fasi del ritiro non siano particolarmente eccitanti o avvincente, ma il libro IMHO non è un libro di avventura tutt'altro.. è un racconto estremamente profondo che ti fa pensare "toh quanto sono umani questi androidi", vivono, piangono, amano, vogliono pari diritti, si difendono e chiedono al proprio creatore più tempo... veramente umani. Cerchiamo di vederlo sotto un'altra luce però: "Quanto è androide il protagonista?" ...e a questo punto quanto androidi siamo noi? e tante altre domande ancora...
    Ciao Andrea

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  2. Interessante suggerimento. In effetti il libro deve depositarsi, sedimentare. La sua comprensione non è immediata come pensassi. Più passa il tempo più metto a fuoco le cose (stesso ragionamento vale per il film)

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  3. Meraviglia!
    Negli ultimi anni ho un po' perso l'abitudine alla lettura (è un miracolo quando arrivo a concludere 10 romanzi in un anno... che tristezza) e sempre più spesso ricado nei libri rapinati dai film...

    La fantascienza a me piace parecchio, meno quella letteraria, però. Di Dick, una decina di anni fa, ho letto parecchia roba... ma non questo, per paura di deludermi (Blade Runner è immenso, per me). mi hai fatto venire voglia di colmare la lacuna...
    Grazie!

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  4. Contento che il mio post sia servito a qualcosa :-)

    Grazie a te!

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