Titolo: La strada
Titolo originale: The Road
Autore: Cormac McCarthy
Anno: 2006
Il libro…
Edizione americana |
Dal mio punto di vista, gli avvenimenti tragici che hanno colpito il Giappone (terremoto, conseguente tsunami e pericolo radiattivo) sono coincisi con la lettura di un libro “post-apocalittico” come The Road, di quel maestro di scrittura che è Cormac McCarthy.
Ciclicamente l’Apocalisse (con la “a” maiuscola o minuscola, scegliete voi) torna ad interessare gli esseri umani, ad essere al centro di riflessioni filosofico-religiose, a diventare oggetto delle trame di libri o di film e soggetto di opere d’arte. E il pensiero dell’Apocalisse porta con sé quello del post, del “cosa ci aspetta dopo” e di cosa rimarrà passata la catastrofe.
Spesso la colpa degli sconvolgimenti apocalittici è stata attribuita all’uomo, alla sua malvagità, alla sua sete di potere, al suo folle desiderio di manipolare la Natura e alle storture di uno sviluppo incontrollato e di un iper-tecnologismo senza freni (dal Diluvio Universale passando per le guerre atomiche fino agli esperimenti scientifici più rischiosi che innescano reazioni a catena). A volte è stata data alla Natura stessa, che da benevola si trasforma in “matrigna”, pronta a sterminare ogni forma di vita presente sulla faccia della Terra (con la diffusione di pandemie letali, con eruzioni vulcaniche spaventose, con terremoti e maremoti devastanti e meteoriti che centrano in pieno il nostro Pianeta). Infine capita che la minaccia venga da fuori, con l’invasione di altre forme di vita particolarmente aggressive (civiltà aliene distruttrici)...
Ma veniamo a questo romanzo. In un pianeta Terra privo di qualsiasi forma di vita naturale o animale, un padre e un figlio si trascinano lungo le strade ricoperte di cenere. Il loro obiettivo è arrivare sulla costa dove sperano di trovare condizioni di vita migliori e magari un’embrionale forma di società civile composta da persone che – come loro – desiderino tornare a vivere insieme in armonia. Il mondo come lo conosciamo noi oggi è finito alcuni anni prima, in seguito a un evento traumatico non del tutto svelato nella trama. Da quel giorno fatidico tutto è morto: niente più animali, niente più pesci o uccelli, niente più alberi, prati, fiori o campi coltivati. Solamente freddo, pioggia, incendi e un sole troppo debole per riuscire a scaldare quello che rimane sulla crosta terrestre e per poter perforare con i suoi raggi la spessa e grigia cortina di fumo che avvolge l’atmosfera. Le città sono deserte, con case, palazzi, centri commerciali abbandonati, saccheggiati, devastati dal fuoco o dalla mano di chi è arrivato dopo. In molti punti sono presenti cadaveri carbonizzati.
Padre e figlio arrancano spingendo – molto post-modernamente – un carrello del supermercato riempito con poche e miserabili cose quali coperte sudicie, scarpe sformate, un telo di plastica come riparo dalle intemperie e le scarsissime provviste che sono riusciti a trovare lungo il cammino. Come due derelitti senzatetto viaggiano sporchi e inzuppati fino al midollo di acqua piovana e fango, soffrono la fame e dormono sul terreno duro e gelato con l’unico confort del piccolo fuocherello che riescono ad accendere prima di sdraiarsi. La strada che li porterà in riva all’oceano è lunga, faticosa e piena di insidie. Il rischio viene dai pochi sopravvissuti riuniti in bande pronti a rapinare e a uccidere i viandanti che si avventurano per le strade deserte. La catastrofe ha sovvertito e spazzato via anche le più elementari leggi morali e ora l’unica ancora in vigore è quella di sopravvivenza: violenze, omicidi e cannibalismo sono all’ordine del giorno.
Padre e figlio – di cui non sapremo mai i nomi –si difendono con una pistola nel cui tamburo sono rimasti solamente due proiettili e con l’intelligenza di chi sa stare all’erta perché conosce i pericoli. Si fanno coraggio a vicenda e in quel mare di desolazione e disperazione cercano di rimanere il più possibili “umani”. La loro voglia di sopravvivere non può diventare ragione per sopraffare il prossimo. Lo sa il padre ma ne è convinto soprattutto il bambino che non perde occasione per chiedere al genitore conferma di due cose: se loro “sono ancora i buoni” e se è vero che “portano il fuoco” nel cuore.
In un ambiente ostile, dove i giorni lividi e le notti buie si susseguono tutti spaventosamente uguali, padre e figlio non perdono la speranza. Non che coltivino particolari illusioni su quello che troveranno lungo la costa, ma qualcosa – un barlume anche fioco – li spinge a continuare a camminare anche quando le gambe si piegano per la fatica e la fame, a resistere quando non serve nemmeno fasciarsi i piedi con borse di plastica e quando, al minimo rumore, bisogna nascondersi come animali impauriti. Il reciproco amore è ciò che dà loro il coraggio di spingere, metro dopo metro, il carrello pieno di stracci.
Romanzo stupendo, angosciante, intenso. Coinvolge talmente tanto che è difficile richiuderlo una volta che lo si è iniziato a leggere. Con il suo stile asciutto ma penetrante con zero retorica e molta profondità rapisce e ci porta nel cuore delle cose narrate.
Tocca temi al tempo stesso tanto universali quanto intimi che è davvero impossibile non rimanerne colpiti. Anche chi vuole vivere giorno per giorno senza farsi domande sul futuro – immediato o remoto che sia – non potrà, almeno per un istante, pensare al significato del nostro stare sulla terra, al tempo che ci è concesso, all’imprevedibilità di situazioni che non possiamo controllare (il terremoto o altre catastrofi), alla durata del mondo, alle ragioni che ci spingono a continuare a resistere nonostante il dolore.
Premio Pulitzer per la narrativa nel 2007.
…dal libro al film…
Viggo Mortensen e Kodi Smith-McPhee in una scena del film |
Sul film c’è poco da dire e non perché sia un prodotto modesto, anzi. La pellicola di John Hillcoat segue molto da vicino il romanzo di McCarthy, lo rispetta, limitandosi a mettere in immagini le parole dello scrittore americano. L’insieme funziona, le atmosfere sono ben ricreate con i paesaggi desolati e spenti e gli episodi più crudi presenti nel libro vengono trattati senza censure, ma anche senza indulgere troppo su particolari macabri (niente gusto splatter, per fortuna). Viggo Mortensen – sempre più convincente – è bravo e credibile nel ruolo del padre protettivo e tenace. Ben calibrato anche l’inserimento dei brevi flashback, con scene prese dal passato remoto (il mondo com’era prima) e da quello più prossimo (con il mondo già cambiato) quando il viaggio verso il mare non era ancora iniziato e la madre-moglie dei due uomini era ancora presente.
Da vedere, ma soprattutto da leggere.
CHARLIE CITRINE
Dati film:
Titolo: The Road
Titolo originale: The Road
Regista: John Hillcoat
Sceneggiatura: Joe Penhall (romanzo:Cormac McCarthy)
Interpreti:
· Viggo Mortensen (padre)
· Kodi Smith-McPhee (figlio)
· Charlize Theron (madre)
· Robert Duvall (vecchio)
Anno: 2009
Paese: Stati Uniti
Colore: Colore
Durata: 111 minuti
Genere: Drammatico
Internet Movie Data base
E' strano come alle volte un libro possa farti vivere la realtà e l'attualità con altri occhi! A me successe con Animal Farm di Orwell, da lì in poi ho visto la politica in modo diverso...
RispondiEliminaquindi non fatico a crederti che leggere un libro post-apocalittico nel bel mezzo di un'apocalisse (anche se per noi vissuta solo a livello televisivo-giornalistico) sia abbastanza emozionante...(la realtà credo che superi comunque di qualche punto la fantasia alle volte)
*La Papera*
E', in effetti, una strana sensazione... La lontananza geografica e il filtro giornalistico-televisivo aumentano anche l'idea che sia tutto fiction (anche se purtroppo non lo è).
RispondiEliminaComplimenti per il blog e, soprattutto, per l'idea di unire due universi meravigliosi come quello del cinema e della lettura. Continuerò a seguirti con interesse!
RispondiEliminaSilvana Planeta.
Grazie per i complimenti, oltre che fare piacere, sono di stimolo per continuare...
RispondiEliminaContinua a seguire il blog attivamente, interagendo con noi attraverso i commenti!
Ciao,
Charlie