Titolo originale: High Fidelity
Autore: Nick Hornby
Anno: 1995
Il libro…
Copertina edizione inglese |
Al massimo ci invita a considerare alcuni aspetti della nostra società, della maniera con cui si sviluppano le relazioni sociali e delle modalità con cui l’uomo medio tenda ad affrontare o ad evitare i problemi che gli si parano davanti. Ci parla degli anni Novanta, quelli dell’individualismo, del ritiro alla vita privata, della maturità costantemente rinviata, quelli del disimpegno (evviva!) e della non appartenenza forzata ad alcun gruppo.
Rob Fleming è un “ragazzo” di trentacinque anni che abita in un piccolo appartamento situato in quartiere a nord di Londra. È proprietario del “Championship Vinyl”, un negozio di dischi che resiste soprattutto grazie alla passione di chi ci lavora e non di certo per i magri guadagni che realizza. La sua è sempre stata un’esistenza tranquilla, senza particolari scossoni. Una vita fatta da piccoli e grandi interessi, innaffiata da buona musica quotidiana, da rituali bevute al pub con gli amici chiacchierando di dischi, film o programmi tv e a volte intervallata da incontri con ragazze più o meno attraenti. Una vita che Rob vorrebbe prolungare immutata all’infinito.
Ma siccome l’infinito non esiste, le cose, ora, stanno cambiando e in peggio. Rob è ormai prossimo a quel maledetto bivio - ignorato o sottovalutato per lungo tempo - che costringe a scegliere tra il continuare una vita spensierata in stile post-adolescenziale e, invece, imboccare la strada di un’esistenza matura e consapevole dei propri doveri. La decisione “sul cosa farò da grande” non può più essere rinviata, nonostante Rob continui a puntare i piedi per terra, cercando di rallentarne l’avvicinamento.
Il libro inizia proprio qualche giorno dopo la rottura con la sua ragazza, Laura, stanca dei suoi “forse” e delle sue esitazioni.
Il problema di Rob non è legato al semplice rifiuto a invecchiare (almeno finché si riesce a portare un giubbotto di pelle o a rimanere vagamente informati sulle ultime novità musicali). Piuttosto la questione riguarda l’accorgersi che si è ormai fuori tempo massimo per seguitare a fingere che gli anni non passano e che, superati i trenta, non è più consentito (pena cadere nel patetico) credere nei sogni di quando si aveva vent’anni.
Si tratta di qualcosa di più profondo, come una paura delle situazioni definitive che non di una forma della sindrome di Peter Pan: ciò che atterrisce Rob non è tanto raggiungere la vita adulta, ma è la dolorosa consapevolezza di non poter più limitarsi a soddisfare solo le proprie esigenze ma di dover pensare anche a quelle degli altri (quella della sua compagna, per esempio), in un oscillamento costante tra un egoismo un po’ infantile e un richiamo a una condotta più responsabile. Inoltre, è sconfortato al pensiero di doversi rassegnare alla banalità e alla ripetitività che – nella stragrande maggioranza dei casi – la vita adulta porta con sé; un’esistenza spesso uguale a quella dei propri amici, vicini di casa o genitori: matrimonio, acquisto di una casa con mutuo, nascita dei figli, un’attività mediamente monotona, tempo libero speso guardando la tv, andando al cinema o al centro commerciale.
Tutto ciò lo scopriamo dalla viva voce di Rob, che in una specie di confessione molto sincera e dai toni altrettanto divertenti e scanzonati, ci porta a conoscere il suo mondo, interiore ed esteriore, così pieno di contraddizioni, paure, sentimenti incompiuti, amici bislacchi e incontri particolari. Il tutto è talmente vero che ci si immedesima, provando istintivamente simpatia. Carattere distintivo del suo modo di raccontarsi è quello di stilare classifiche: partendo da quella delle separazioni più importanti, passando per quella dei 5 miglior dischi, libri o film americani, e arrivando fino a quelle dei lavori da sogno o delle musiche che si vorrebbero suonate al proprio funerale.
Elementi come dialoghi convincenti, la precisa descrizione di situazioni e sensazioni “reali”, e soprattutto una quantità enorme di riferimenti alla cultura pop e dei consumi rendono il libro di Hornby uno di quelli che ti ricordi anche mesi dopo averlo letto. Insomma, lo rendono "tuo".
…dal libro al film…
Stephen Frears confeziona una pellicola gradevole che si lascia guardare. Rob è interpretato da John Cusack (non proprio mister simpatia…), in questo frangente ben calato nel personaggio. Guarda in macchina e rivolgendosi agli spettatori spiattella alcuni monologhi sulla falsariga di quelli del libro.
Bravo Jack Black nella parte di Barry, l’insopportabile e invadente amico-commesso del negozio di dischi di Rob (un ruolo che calza a pennello a Black…).
Al contrario, oscura e senza un vero perché la scelta di ambientare la storia a Chicago anziché a Londra, come se immedesimarsi con una vicenda che ha luogo nella capitale inglese fosse troppo complicato per un cittadino americano… misteri holliwoodiani.
Un consiglio da amico: leggetevi il libro.
CHARLIE CITRINE
Dati film:
Titolo: Alta Fedeltà
Titolo originale: High Fidelity Regista: Stephen Frears
Sceneggiatura: D.V. De Vincentis, Steve Pink, John Cusack, Scott Rosenberg (romanzo: Nick Hornby)
Interpreti:
· John Cusack (Rob)
· Jack Black (Barry)
· Iben Hjejle(Laura)
· Todd Louiso (Dick)
Anno: 2000
Paese: USA, Gran Bretagna
Colore: Colore
Durata: 113 minuti
Genere: Commedia/sentimentale
Internet Movie Data base
Piccola novità: al posto del solito filmato, un estratto dal libro (Guanda Editore, 1996, pp. 179-180):
Copertina edizioni Guanda |
Credo che l' amante delle classifiche sia in realta' Nick Hornby stesso che per esempio piu' o meno settimanalmente tiene un interessante rubrica sui libri che sta leggendo sul magazine The Believer, tradotto in Italiano da Internazionale. Gran bel post: mi andro' a rivedere che risposta dara' Rob alla sua eta' della ragione: se davvero anche per lui sara' un eta' dell' infelicita' routinaria o se invece trovera' una sua complessita' che lo rendera' non classificabile e forse ancora un po' innamorato della vita anche over 30.
RispondiEliminathanx my friend.
RispondiEliminaUn libro che nella sua apparente semplicità mette di fronte noi over 30 a domande non banali. Da rileggere (specie se uno l'ha letto la prima volta quando era ancora sbarbatello)...
Si un po' scontato però si: il dover essere non l'ho mai mandato giù, una forma di carrierismo dell' esistenza che stride con la realtà dei nostri giorni, forse andava bene per gli anni 90?.
RispondiEliminaIn fondo sembra che Rob si sposi perchè deve e questo sia l'unico modo per fare quello che ha sempre fatto, il che non implica nulla.
My friend credo rimanga un po'da sbarbatelli...de gustibus
l'ho letto da poco ed è stato deludente, me ne avevano parlato tutti molto bene ma a me non è proprio piaciuto... bel blog, ciao!
RispondiEliminaLoved reading this thank yoou
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